PICCOLO IDILLIO DI FINE ESTATE di Giancarlo Corsetti

Edoardo era seduto sul balcone della casa bianca con la buganvillea.
Di fronte a sè, in lontananza, poteva vedere la spiaggia e il mare.
La riva era deserta.
Aveva chiuso i bagagli nell’auto; il giorno dopo avrebbe fatto ritorno a casa.
Lo prese la malinconia dell’estate che stava finendo.
Volse lo sguardo al cielo, che alle sette di sera già si faceva scuro.
Pensò agli uccelli migratori. Si chiese quando avrebbero lasciato quella terra in cerca di posti caldi.
Provò invidia per loro. L’ufficio, le carte, le scadenze lo aspettavano.
Prese una sigaretta e, mollemente, l’accese e iniziò ad aspirare.
Una, due boccate, poi sentì una nausea allo stomaco e la gettò oltre il balcone.
Gli amici: l’allegra brigata si era disciolta il giorno prima. Si erano ripromessi di incontrarsi al più presto. Ma Edoardo temeva che non sarebbe avvenuto a breve.
S’immaginò la possibilità di ammalarsi, di dover restare a letto con la febbre alta, nell’inverno che l’attendeva, e si sentì turbato.
Ancora una volta pensò alle rondini, che avrebbero fatto in tempo a fuggire dal freddo, dall’indolenza, dal buio.
Si guardò le mani; poi ripensò alle serate trascorse con i compagni, su quello stesso balcone, a cantare a ritmo di chitarra fino al mattino.
Di lontano, sotto la cappa di nuvole che si addensavano da circa un’ora sul mare, intravide la sagoma del chiosco che dava sulla spiaggia.
Pensò di uscire a scacciare i pensieri negativi con una passeggiata ed un drink.
Meno male che c’è lei”, pensò sentendo Celeste che, dentro casa, finiva di prendere le cose nei cassetti.
Un’altra estate finita. “Un’altra in meno della mia vita” fu il pensiero in cui racchiuse la tristezza che provava in quel momento.
Non sono solo. Non più”, tornò a pensare, cercando di vincere il senso di sconfitta, quando si accorse che Celeste stava iniziando a preparare la cena. La loro ultima cena al mare, l’ultima di quell’estate.
Devo iniziare ad accettare il momento in cui le cose finiscono” – si disse rapidamente.
E però, poi, gli accadde di pensare controvoglia “Anche la mia vita, un giorno, finirà” – e di nuovo ebbe una stretta al cuore. Che pena, quanti rimpianti.
Non voleva più indulgere in quel sentimento, così si alzò e andò incontro a lei.
Chissà cosa pensa, come si sente” – fece dentro di sè.
E allora le chiese “Come stai, come ti senti? Ti dispiace che partiamo?”.
Lei gli sorrise: “Non sei contento che torniamo a casa? Ci sono tutte le tue cose che ti aspettano”.
Ripensò in fretta al pavimento della sua casa in periferia, alla sua libreria, alle sue piante, al bar dove faceva colazione la mattina; forse non li aveva mai visti così belli come li scorse in quell’istante.
E’ vero, il mondo non sta crollando. C’è ancora tutto, lì fuori, che aspetta. Che mi aspetta” – si disse, rianimato dalle parole di lei.
L’abbracciò teneramente. “Meno male che ci sei” – si ripeté.
Lei non lo capì, e dopo poco uscì dall’abbraccio, leggera come una farfalla.
Hai fame?”, gli chiese, con lo stesso tono di sempre.
Sì, un po’” – fece lui, poveretto. Lei non se ne sarebbe andata insieme all’estate e alle rondini.
Uscì sul balcone e respirò una boccata dell’aria della sera. Salutò il mare, la riva, gli ombrelloni, i pini che -in fila- restavano lì, con fiducia.
Non ci sarebbero stati più addii. Soltanto arrivederci.

Fonte: https://www.avvgiancarlocorsetti.com/blog/piccolo-idillio-di-fine-estate